La possibilità di controllare dispositivi attraverso il pensiero è stata a lungo un sogno fantascientifico, ma oggi la scienza ci porta sempre più vicini a trasformare questa visione in realtà. Le tecnologie avanzate per il controllo della mente, già testate anche sugli esseri umani, si basano principalmente su dispositivi invasivi, come elettrodi inseriti nel cervello, noti come interfacce cervello-computer (BCI). Questi strumenti permettono di leggere l’attività neurale e di tradurla in comandi utilizzabili per controllare protesi, computer o altre apparecchiature.
Sebbene queste tecnologie abbiano dimostrato un grande potenziale, presentano anche significativi limiti, primo fra tutti il carattere invasivo. L’impianto di elettrodi nel cervello richiede interventi chirurgici complessi, che comportano rischi per la salute, come infezioni o danni ai tessuti cerebrali. Per questo motivo, i ricercatori sono alla ricerca di metodi meno invasivi per ottenere risultati simili, senza dover intervenire direttamente nel cervello.
Un recente sviluppo in questo campo riguarda l’uso di onde sonore ad alta frequenza (ultrasuoni) per leggere l’attività cerebrale. Un esperimento condotto sui primati ha dimostrato che gli ultrasuoni possono essere utilizzati per raccogliere informazioni dal cervello sufficienti a prevedere i movimenti degli occhi o delle mani. Queste onde, attraverso un processo noto come focalizzazione acustica, rilevano le variazioni di pressione nel tessuto cerebrale associate all’attivazione dei neuroni, permettendo così di interpretare i segnali cerebrali.
I risultati sono promettenti: l’esperimento ha mostrato che è possibile predire i movimenti con un buon livello di accuratezza. Se questo approccio venisse perfezionato, potrebbe offrire alle persone paralizzate un nuovo modo per controllare protesi robotiche o interfacce digitali, come il cursore di un computer, senza la necessità di un intervento chirurgico invasivo.
Parallelamente, progetti come Neuralink, fondato da Elon Musk, stanno facendo grandi passi avanti nel campo delle interfacce cervello-computer. Neuralink ha sviluppato una tecnologia basata su fili ultrasottili e flessibili che vengono impiantati nel cervello con una procedura minimamente invasiva. Questi fili possono rilevare l’attività elettrica generata dai neuroni e tradurla in comandi per controllare dispositivi esterni.
Neuralink ha dimostrato il suo potenziale attraverso esperimenti, come quello in cui una scimmia è stata in grado di giocare a un videogioco utilizzando solo la mente.
Nel marzo 2024, Noland Arbaugh, il primo paziente umano a cui è stato impiantato il chip Neuralink, è riuscito a giocare a scacchi utilizzando solo il pensiero. Il chip, chiamato Telepathy, è stato impiantato nel cervello del paziente tetraplegico dopo che l’azienda di Elon Musk ha ricevuto il via libera dalla FDA per la sperimentazione su esseri umani. Nel video trasmesso da Neuralink, Arbaugh dimostra come, attraverso il chip, sia in grado di muovere il cursore del mouse per spostare i pezzi sulla scacchiera e interagire con altri dispositivi. Oltre a giocare a scacchi, Arbaugh ha raccontato di essere riuscito a fare sessioni di gioco prolungate, come ad esempio con Civilization VI, e di seguire lezioni di francese e giapponese.
Il chip Telepathy funziona grazie a 1024 elettrodi distribuiti su fili ultrasottili, che rilevano i segnali cerebrali e li trasmettono a dispositivi esterni. Questo esperimento segna un progresso significativo nel campo delle interfacce cervello-computer (BCI) e rappresenta un esempio delle potenzialità future di questa tecnologia, che potrebbe trasformare la vita di milioni di persone con disabilità.
Neuralink pone quindi l’obiettivo di aiutare le persone con disabilità motorie, restituendo loro la capacità di controllare protesi robotiche o dispositivi informatici direttamente con il pensiero. Questo approccio, sebbene più invasivo rispetto agli ultrasuoni, offre maggiore precisione e potrebbe diventare un’opzione terapeutica concreta per coloro che soffrono di gravi paralisi. Tuttavia è naturale immaginare che aumentino i rischi chirurgici come infezioni o lesioni celebrali, oltre alla possibilità di complicazioni nella manutenzione e problematiche legate al possibile degrado degli elettrodi nel cervello.
Probabilmente, la salute del paziente, non è l’unico rischio connesso all’implementazione e all’utilizzo di queste tecnologie. Una delle principali criticità, legate allo sviluppo delle interfacce cervello-computer (BCI), come Neuralink, potrebbe riguardare la possibilità di intercettare e manipolare il pensiero umano. Se i segnali cerebrali possono essere letti e tradotti in comandi per controllare dispositivi, si apre la preoccupazione che tali segnali possano anche essere intercettati da attori esterni, mettendo a rischio la privacy mentale. Questo solleva domande cruciali: come si tutelerà la riservatezza dei dati cerebrali? I canali di comunicazione tra i dispositivi e il mondo esterno potranno garantire un’alta sicurezza? In che modo il nostro pensiero sarà protetto? Questi interrogativi, nella storia dell’informatica e più in generale dell’informazione, hanno sempre caratterizzato l’aspetto critico dei mezzi di comunicazione. Nelle connessioni Wi-Fi, come nelle connessioni HTTP è subito emersa l’esigenza di costruire delle risposte tecnologiche basate su crittografia e canali sicuri per il transito dei dati, specialmente in contesti delicati come le transazioni bancarie. Nel contesto dei BCI, il livello di sensibilità, implica attenzioni ancora maggiori. Una violazione potrebbe portare a conseguenze estremamente gravi, poiché i pensieri e le intenzioni più intime di una persona potrebbero essere esposti o persino alterati.
Un ulteriore rischio riguarda il potenziale vantaggio competitivo che queste tecnologie sarebbero in grado di conferire ai diretti interessati. Se solo alcune persone hanno accesso a queste interfacce, potrebbero sfruttarle per acquisire un controllo più rapido e preciso sui processi decisionali e operativi, sia in ambito professionale che personale. Questo vantaggio tecnologico potrebbe essere utilizzato per consolidare il potere e la supremazia, creando disparità sociali e economiche tra chi ha accesso a queste tecnologie e chi ne è escluso. Un po’ come inizia ad avvenire per l’intelligenza artificiale, tema tra l’altro profondamente correlato. In uno scenario estremo, l’uso di queste tecnologie per aumentare le capacità cognitive, potrebbe diventare una sorta di arma sociale, in cui chi possiede l’impianto ha una marcia in più nella competizione per risorse, lavoro e potere.
Infine, c’è il rischio che queste interfacce possano essere utilizzate per azioni lesive, con individui o entità che manipolano i segnali cerebrali per scopi malevoli, come la distorsione del comportamento o delle intenzioni di una persona, creando una nuova forma di controllo mentale e coercizione. Pertanto, è fondamentale che lo sviluppo di queste tecnologie sia accompagnato da rigorose normative e protocolli di sicurezza per evitare abusi e proteggere i diritti fondamentali degli individui.
Se queste tecnologie continueranno a progredire, al di la dei rischi, potranno migliorare notevolmente la qualità della vita di molte persone. I dispositivi robotici controllati dal cervello, che siano basati su ultrasuoni o su impianti come Neuralink, potrebbero consentire ai pazienti paralizzati di riacquistare indipendenza. Immaginate una persona tetraplegica che riesce a muovere un braccio robotico o a controllare una sedia a rotelle con la sola forza del pensiero. Queste tecnologie potrebbero inoltre trovare applicazioni in ambiti come il gaming, la realtà virtuale e persino nel controllo di dispositivi elettronici di uso quotidiano.
L’idea di un mondo in cui si possa interagire direttamente con computer e macchine, senza dover utilizzare dispositivi fisici è affascinante, ma pone anche sfide significative. Elon Musk ha riconosciuto che il potenziale di Neuralink va oltre la riabilitazione fisica. Il suo obiettivo finale è creare una fusione tra intelligenza umana e intelligenza artificiale, consentendo alle persone di interagire direttamente con i computer e potenzialmente espandere le capacità cognitive umane. Questo apre nuovi scenari, ma richiede anche una riflessione profonda sui limiti etici e sulle normative da adottare.
No, pilotare dispositivi attraverso il pensiero non è più un concetto fantascientifico. Le tecnologie attuali, che spaziano dall’uso di ultrasuoni non invasivi a impianti avanzati come quelli di Neuralink, ci stanno avvicinando rapidamente a un futuro in cui il cervello potrà essere utilizzato come interfaccia diretta per controllare macchine e dispositivi. Tuttavia, come per tutte le innovazioni rivoluzionarie, è fondamentale bilanciare il progresso tecnologico con una riflessione etica accurata e la protezione dei diritti individuali.
La possibilità di trasformare i pensieri in azioni fisiche potrebbe rivoluzionare la vita di milioni di persone, ma richiede una regolamentazione attenta per garantire che queste tecnologie vengano utilizzate in modo sicuro e responsabile. Mentre ci avviciniamo a questo nuovo mondo, è essenziale mantenere alta la consapevolezza sui benefici e sui rischi legati a queste scoperte, perché il confine tra progresso e abuso è spesso molto sottile.
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